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DARIO GHIBAUDO “UNTITLED”


  • CARLOCINQUE GALLERY in collaborazione con Vôtre Spazi Contemporanei 5 Piazza Alberica Carrara, Toscana, 54033 Italia (mappa)

UNTITLED

A CARRARA IN MOSTRA GLI ANIMALI FANTASTICI DI GHIBAUDO

L’essere umano ha il bizzarro potere di far degenerare qualunque cosa. Lo scrive Jean-Jacques Rousseau nella prima riga del primo libro del suo Emilio, il trattato in forma di romanzo centrato attorno alla proposta d’un nuovo modello educativo, fondato sul ritorno alla natura fin dalla prima infanzia (Rousseau, per esempio, sconsigliava di lasciare i propri figli nelle mani d’un precettore: educare secondo natura significa, secondo il filosofo, occuparsi in persona della prole), un modello che renda l’uomo capace di vivere in maniera più conforme alla natura. È dunque innaturale un’educazione che non tenga conto dell’universo in cui all’essere umano è dato vivere, che stimoli nel bambino vizi e passioni precoci che lo conducono alla corruzione, che lo allontani dalla mano della natura affidandolo totalmente a quella dell’uomo.

Quando a Dario Ghibaudo viene chiesto com’è nato il suo Museo di Storia Innaturale, il progetto che porta avanti dal 1990, l’artista piemontese tende a citare il modello educativo di Rousseau. Una società troppo sbilanciata, troppo fondata sulle esigenze dell’essere umano, troppo improntata a un approccio tecnologico, corre il rischio di spezzare il rapporto d’armonia che l’umanità deve necessariamente intessere con la natura per garantire a se stessa la continuità della propria specie: da più di trent’anni, dunque, Ghibaudo allestisce in continuazione le sale ideali del suo museo che, con l’ironia che è tipica del suo linguaggio, alieno da qualunque moralismo, eleva a fulcro della propria riflessione la dicotomia tra naturale e artificiale ch’è argomento al centro d’ogni discussione filosofica che voglia essere attuale. Un museo che non ha una sede, che non ha sale fisiche, ma ch’è composto, secondo la scansione di Ghibaudo, da quattordici sezioni (Antropologia, Natura Morta, Botanica, Entomologia, Esemplari Rari, Homo Pronto, Trofei, Botanica Organica, Le pelli, Etnografia, Diorami, Etnologia, Pesci e Anfibi, Etologia), in costante allargamento, strutturate secondo le classificazioni naturali della trattatistica settecentesca, ricche d’opere che trovano nello stravagante, nel bizzarro, nell’ibrido la loro dimensione più congeniale. La stessa suddivisione in sale richiama tanto i musei scientifici contemporanei quanto, e forse soprattutto, i cabinet di storia naturale del XVIII secolo, collezioni di curiosità i cui campioni erano raccolti un po’ per stupire e stupirsi, un po’ per osservare, per studiare, per capire, per conoscere. Un museo che ha addirittura una sua guida, con tanto di mappa topografica e bookshop.

Per Ghibaudo, il museo è il luogo stesso in cui la frattura tra natura e cultura diventa evidente. L’esempio più concreto è quello dei musei di storia naturale, delle loro collezioni d’animali tassidermizzati: ciò che un tempo viveva nella natura s’è fatto oggetto. La scelta di rifarsi a modelli settecenteschi rimanda alle origini stesse del metodo scientifico, apparentemente paradossali: la nascita della scienza moderna è in parte legata alle collezioni tardocinquecentesche delle Wunderkammer e ai loro cataloghi fondati sulla curiosità enciclopedica, sulla stranezza, sui mirabilia, sulle corrispondenze universali, dalle quali sarebbero poi derivati i primi gabinetti scientifici allestiti secondo i primi, rudimentali criteri di classificazione. Ecco che allora il paradosso, inevitabile al cospetto d’un artista che pretende di catalogare esseri nati dalla sua fantasia secondo schemi elaborati a partire dall’illuminismo, diventa metodo nell’arte di Dario Ghibaudo, una sorta di moderno Athanasius Kircher con la propensione alla pratica artistica, che fa il verso ai canoni della scienza (uno su tutti: l’utilizzo di nomi in latino per classificare gli esseri viventi) non per prendersi gioco della natura e della scienza stessa, ma per rimarcare la divisione tra natura e artificio e per instillare il dubbio in chi osserva le sue opere, ricordando che non esiste avanzamento delle conoscenze senza l’esercizio del dubbio. E naturalmente l’ironia è anche funzionale, oltre che per “suggerire altri modi di osservare la società” come dice l’artista stesso, a mettere alla berlina i comportamenti dell’essere umano contemporaneo: si possono leggere in tal senso le opere della sala Homo Pronto, esemplari di uomini e donne che nascono già perfettamente formati, imbustati sottovuoto e inscatolati, pronti per l’utilizzo, modellini che incarnano l’esatto contrario dell’idea d’essere umano che emerge dalle pagine dell’Emilio di Rousseau.

Ci sono poi le Creature meravigliose, animali d’ogni tipo sottoposti a mutazioni e ibridazioni che raggiungono però forme credibili, e che da un lato trasmettono una particolare idea che Ghibaudo ha della scultura stessa (una forma espressiva ch’è a sua volta in costante evoluzione e conosce un processo non esente da errori, anzi l’errore è connaturato al fare arte, ma soprattutto una forma espressiva che sorge dall’esigenza di dare a un’intuizione dell’artista una forma concreta, che occupa uno spazio), e dall’altro si fanno epitome della storia stessa dell’evoluzione, da rileggere secondo un’ottica post-umana (nel senso che oggi l’etica dell’interazione, parafrasando Rosi Braidotti, è definita dalla compresenza degli esseri nel mondo) che non è però anti-umana, come ha ben colto Roland Scotti: “l’artista indica i simboli del trionfo della disponibilità, della interscambiabilità e infine di una mancanza di valori esistenziali, di ciò che in passato veniva definito vivere in modo cosciente. Ma Ghibaudo non critica il progresso: egli indica nelle sue opere l’unica forma di resistenza possibile contro questo fenomeno dell’epoca postindustriale: sorridere dell’assurdità della realtà”. La visione di Ghibaudo, di conseguenza, tiene conto di tutto quel che c’è stato fino a oggi: in questo senso, Ghibaudo è ben conscio del fatto che le sue sculture sono parte d’una storia che lungo i secoli non ha mai scansato una cultura permeata dall’ibrido e dal fantastico. Sarà sufficiente pensare al Rinascimento di Marsilio Ficino che indaga il mondo della fantasia, di Piero di Cosimo che nel suo ciclo della Preistoria immagina un’umanità primitiva dove non esistono confini tra uomini e animali, di Leonardo da Vinci con i suoi studi sulle teste grottesche, il Rinascimento delle creature fantastiche che popolano le opere dipinte e scolpite da una lunga teoria d’artisti d’ogni regione d’Europa. Ghibaudo è erede di questa tradizione, che viene declinata in termini contemporanei per impostare una riflessione profonda sull’attuale condizione umana, sulle contraddizioni dell’individuo, della società e di noi umani tutti, spesso “un po’ troppo egocentrici e superbi”, come ci ha definiti lui stesso: “La metamorfosi narra e fa sognare”, ha affermato Ghibaudo in un’intervista ad Andrea Guastella per ArtsLife, “le mie sculture vorrebbero dire: se a governare siamo noi e apparentemente siamo noi, non possiamo pensare di gestire in toto, per lo meno non ancora, il pianeta, che è un affare più grande di noi”.

Il capitolo più recente della storia del Museo di Storia Innaturale sono le 41 Formelle, il ciclo che Ghibaudo ha presentato per la prima volta a marzo del 2023 alla Carlocinque Gallery di Milano, nell’ambito d’una mostra curata da Carlo Cinque, con un anticipo della serie presentato in occasione della personale al complesso monumentale di San Francesco a Cuneo che s’è tenuta nel 2022. Eseguite tra il 2021 e il 2022, le formelle dànno vita a un singolare mondo che pone il riguardante dinnanzi a una sorta di compendio dell’immaginario di Ghibaudo, anche se il punto di partenza sono gli antichi codici miniati e gli affreschi del Tre e del Quattrocento, cui rimanda anche la forma di questa serie di lavori che prediligono la scultura a rilievo su di un piano verticale, necessariamente irreale per aggiungere un ulteriore grado di “innaturale” all’universo figurativo dell’artista piemontese.

Le formelle sono realizzate in argilla a primo fuoco e successivamente incerate, e raccontano storie prive di trama, che si sviluppano entro scene impostate su di una prospettiva intuitiva, lontana dunque dagli schemi che saranno poi messi a punto nel Rinascimento, che portano entro paesaggi irreali, aspri e rocciosi come quelli d’un Mantegna o d’un Paolo Uccello, personaggi e animali che sembrano usciti talora da un bestiario medievale, talaltra da un trattato di paleontologia: sono le stesse creature che nel Museo di Storia Innaturale prendevano le forme di sculture eseguite nei materiali più diversi (Ghibaudo, lungo la sua carriera, ha lavorato con pressoché tutti i mezzi di cui la scultura dispone: il marmo, il bronzo, la porcellana, la ceramica, la pietra, il cemento, la resina) e che in questo nuovo ciclo assumono una dimensione inedita, più marcatamente narrativa, lasciando trasparire le radici più eterogenee, dalla mitologia alla tradizione cristiana, dalla catalogazione scientifica alla storia dell’arte.

Per Ghibaudo, trasportare il suo repertorio iconografico su quarantuno grandi formelle, un progetto inedito e ambizioso, significa, per sua stessa ammissione, espandere il senso del suo museo, esplorare nuove possibilità espressive in uno spazio che prima non aveva sperimentato e che gli consente di rivolgersi al riguardante alterando la sua percezione con modalità nuove per imprimere tracce aperte, come dice l’artista, “a un già visto impiantato sul nuovo, su uno straniante contemporaneo”. La curiosità demiurgica e onnivora di Dario Ghibaudo, che assieme alla sua ironia creativa ne sostiene l’intera produzione, ha dunque trovato nelle Formelle una nuova tappa del suo percorso visionario e immaginifico che, per tramite d’un museo di storia innaturale, determina le fondamenta d’una ricerca con la quale l’artista svela un mondo irreale, ma assolutamente vero.


DAL 17 GIUGNO 2023 al 5 AGOSTO 2023

VÔTRE SPAZI CONTEMPORANEI

Piazza Alberica, 5 - 54033 Carrara (MS) - Tel: +39.3384417145

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