UN CAPRICCIO DI VERSO
ALBERTO BERTONI
Sarà per sempre questo il varco,
la strettoia scambiata per miracolo
dove passano minaccia e tentativo
di sfidarti anche adesso in un racconto
incapace di star fermo
fino al gesto più strano e più nero
del tuo seno che osserva il mio teschio?
Tu come un’eco
lontanissima di schianto
dove è palude il tuo lago,
tu mia delizia e mia tortura
quando il tacco sfuma
nello sgomento di una scarpa vuota
alla fine della strada sulla scia
più lontana e più sola
Nient’altro per un attimo vola
che la rossa litania dell’abito
mentre lei si tuffa nuda
e a lui prende fuoco la testa
freccia o lancia puntata verso il cielo
basso di un soffitto dal cui centro
tutto un’altra volta ricomincia
Ma diventa il mio grembo un ombelico
un frusciare di girandola
pronta ad esplodere
mentre imperterrito mi godo
il tuo attimo e il tuo volto
subito prima del volo
mentre noi ci rincorriamo come
replicanti o pensatori
uno attaccato all’altro
a circumnavigare un arco
superstite di cerchio
Capriccio e poco altro
in realtà quasi tutto mentre scavo
un burrone al posto
del canaletto di scolo che speravo
d’incontrare alla fine della notte
in questi ininterrotti movimenti
di urti e di pensieri, tonfi e silenzi
senz’altri confini che non siano
il mio naso da clown la mandorla
oblunga dei tuoi occhi
treccina capricciosa
e psicologia venuta meno
adesso che di molto lontano
ti penso e ti salvo
fino a restare come loro anch’io
completamente calvo
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