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Emilio Isgrò - Monumento All’inferno

  • CARLOCINQUE GALLERY presso Università IULM Milano 1 Via Carlo Bo Milano, Lombardia, 20143 Italia (mappa)

OPERA PERMANENTE UNIVERSITA’ IULM MILANO

MONUMENTO ALL’INFERNO

Emilio Isgrò

Dante è bendato e non può leggere. Siede davanti alla Divina Commedia cancellata, simbolo della cultura europea che non è più in grado di leggere (o rileggere) se stessa. Persino lui, l’Alighieri, è stato accecato dalla carenza di educazione alla parola umana. Nella società mediatica potrebbe accadere a Shakespeare, a Goethe, a Flaubert. Invece per ora è accaduto a Dante Alighieri, sommo poeta che dell’Italia e della lingua italiana è uno dei modelli più luminosi. E per l’artista delle cancellature, si sa, la parola è il solo valore ineliminabile, poiché fa letteralmente corpo con l’uomo.

La nuova installazione di Emilio Isgrò è un Monumento all’Inferno perché “infernale” è il momento storico che stiamo vivendo, investiti da una comunicazione globale che, da un lato, ci avvicina e abbatte le frontiere, mentre dall’altro, paradossalmente, ci fa dubitare della nostra esistenza in un mondo troppo mobile per essere vero. “L’ignoranza, nel senso socratico del termine, è la vera tragedia delle nuove tecnologie. Forse è necessario un nuovo assetto filosofico: non dimentichiamo che il futuro sale sempre sulle spalle del passato”, ci ricorda l’artista.

Monumento all’Inferno è pertanto un monito, un incoraggiamento ad agire, a servirsi della comunicazione per rovesciarne il segno negativo trasformandola in uno strumento di libertà e fraternità. Quella fraternità che ci appartiene e che noi non vediamo, così come Dante non vede il suo stesso capolavoro. È necessario disfare le bende, aprire gli occhi e leggere il mondo che ci circonda con gli strumenti intellettuali che solo l’educazione può fornire.

In questo modo Isgrò, con la sua imponente scultura in alluminio, si ricorda della Iulm e dei suoi preziosi studenti ai quali ha tenuto lezioni di estetica e mass-media per tanti anni. “Questa mia nuova opera”, dice l’artista, “è infatti essa stessa una lezione, giacché l’arte, oramai, non può che tornare alla sua funzione più nobile: quella di insegnare il senso più profondo della vita e dei rapporti umani”.
La Cancellatura, insomma, diventa essa stessa linguaggio, un nuovo alfabeto che l’artista, fin dagli anni ’60, compone e ricompone lasciando traccia sull’intera arte mondiale nel segno di un’arte civile e colta capace di liberarsi dalla congestione informatica che ha investito le nostre società.

Giulia Crespi

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